lunedì 28 settembre 2009

Ricordo del Servo di Dio Giorgio La Pira

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Ci sono storie che parlano di politici che sono diventati santi e parlarne farà sgranare gli occhi a molte persone.
Sono anni ormai che siamo stati abituati alla solita cantilena che dice "la politica é sporca", "i politici sono tutti ladri e farabutti",
"sono tutti uguali".
Quando poi, però, iniziamo a parlare di un uomo come Giorgio La Pira, ecco che i conti non ci tornano.
Finiremmo per parlare di un politico democristiano diventato per la Chiesa Cattolica Servo di Dio.
Forse, qualcuno potrà dire che non é un uomo dei nostri tempi, essendo morto 32 anni fa, ma il suo esempio é reso attuale da quel bisogno di moralizzazione e di rinnovamento che si avverte nella società italiana rispetto alla politica ed ai suoi attori.

Per questo, ricordare chi era Giorgio La Pira é un qualcosa che ci serve per vivere un presente diverso.

Giorgio La Pira nacque il 9 gennaio 1904 a Pozzallo, in Sicilia, primogenito di una famiglia di umili condizioni.
Nel 1921 conseguì a Messina il diploma di ragioniere, nel 1922 anche la maturità classica con la preparazione del professore di italiano Federico Rampolla del Tindaro, che lo indirizzò a proseguire gli studi in giurisprudenza.

Il giovane La Pira era affascinato da D'Annunzio e Marinetti, dal loro ideale di cambiamento, leggeva molto e si avvicinò ad altre esperienze, condividendole con il suo gruppo di giovani amici di cui facevano parte anche Salvatore Quasimodo e Salvatore Pugliatti, futuro rettore dell'Università di Messina.
La Pira era rimasto fortemente colpito dall'ascolto di un coro di suore, intuì una dimensione ulteriore, ma occorse attendere la Pasqua del 1924 affinché l'intuizione diventasse conversione. Data segnata in calce sul suo Digesto, strumento di lavoro quotidiano per un docente di diritto romano.
Non fu estranea a questa scoperta l'incontro con mons. Mariano Rampolla del Tindaro, fratello del prof. Federico Rampolla.

« [...] è un'alba nuova della vita. lo non dimenticherò mai quella Pasqua 1924, in cui ricevei Gesù Eucaristico: risentii nelle vene circolare una innocenza così piena, da non potere trattenere il canto e la felicità smisurata »
( Lettera di Giorgio La Pira a Salvatore Pugliatti)
L'incontro eucaristico, si tramutò in bisogno di comunione, desiderio di consacrazione che fu poi appagato divenendo terziario francescano e successivamente attraverso la fondazione dell'Istituto della Regalità voluto dal francescano Padre Agostino Gemelli. La Pira scelse di essere "libero apostolo del Signore", come lui stesso si definì cercando la sua missione nella società.
Nel 1926 si trasferì a Firenze seguendo il professor Emilio Betti, relatore della sua tesi di Diritto romano, qui si laureò con lode presentando una tesi sulla successione ereditaria. L'anno dopo divenne professore supplente di Diritto Romano all'Università di Firenze e nel 1934 divenne ordinario. Fondò la "Messa di San Procolo", per l'assistenza materiale e spirituale dei poveri.
Nel 1939 fondò la rivista Principi volta alla difesa dei diritti della persona umana, criticò il fascismo e condannò apertamente l'invasione della Polonia. La rivista fu soppressa dal regime. In quegli anni tra i suoi studenti c'era anche il sociologo Franco Fortini. La Pira creò nel 1943 il foglio clandestino San Marco. Il regime fascista lo avversò e costrinse La Pira ad interrompere le pubblicazioni.
In seguito fu ricercato dalla polizia e sfuggì prima a Siena e poi a Roma. Tornò alla sua vita fiorentina nel 1945.

La vocazione sociale di La Pira si espresse nell'impegno politico, alle accuse e gli avvertimenti mossegli da più parti, circa il pericolo di compromissione nell'attività politica, rispose:
« Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa 'brutta'! No: l'impegno politico -cioè l'impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall'economico- è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità. »
(Da La nostra vocazione sociale. Giorgio La Pira)

Nel 1946 venne eletto all'Assemblea costituente e fu parte integrante del nucleo centrale del "dossettismo": nello stesso anno insieme a Giuseppe Dossetti e ad altri fondò l'associazioneCivitas Humana; fece parte della cosiddetta comunità del porcellino, collabora alla rivistaCronache Sociali. Il gruppetto di sodali era formato da Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, La Pira, Giuseppe Lazzati.
La Pira svolse un'opera apprezzata nell'ambito della "Commissione dei 75", specialmente nella redazione dei Principi Fondamentali. L'attuale Art. 2 della Costituzione viene modellato attorno alla sua proposta iniziale. L'Articolo 2 della Costituzione Italiana, recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
La sua Relazione alla Sottocommissione I accostò la centralità dell'individuo secondo la tradizione cristiana alla Religione di Stato di stampo Hegeliano realizzata dal Fascismo in Italia. A causa di tale esperienza storica trovava necessaria una specifica menzione dei Diritti Umani nella Costituzione italiana, per la prima volta nella storia dell'Occidente.
« Alcune Costituzioni recenti (Austria 1920, Lettonia 1932, Polonia 1935) mancano di tale premessa: e ne mancano per la ragione che gli essenziali e tradizionali diritti dell'uomo sono in esse considerati come il presupposto tacito ed ineliminabile di ogni Costituzione. Diverso è il caso per la nuova Costituzione italiana: essa è necessariamente legata alla dura esperienza dello stato "totalitario", il quale non si limitò a violare questo o quel diritto fondamentale dell'uomo: negò in radice l'esistenza di diritti originari dell'uomo, anteriori allo stato: esso anzi, accogliendo la teoria dei "diritti riflessi", fu propugnatore ed esecutore di questa tesi: - non vi sono, per l'uomo, diritti naturali ed originari; vi sono soltanto concessioni, diritti riflessi: queste "concessioni" e questi "diritti riflessi", possono essere in qualunque momento totalmente o parzialmente ritirati, secondo il beneplacito di colui dal quale soltanto tali diritti derivano, lo Stato.»
( Giorgio La Pira )

Eletto alla Camera dei Deputati nel Collegio di Firenze - Pistoia con le elezioni del 18 aprile 1948, fu nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro e Previdenza sociale nel Governo De Gasperi V. Ministro era l'amico Amintore Fanfani.

Il 6 luglio 1951 fu eletto sindaco di Firenze. Tra i suoi primi atti volle, come gesto simbolico della sua linea politica, conferire al forlivese don Giulio Facibeni il titolo di Cittadino Benemerito di Firenze per la sua Opera della Divina Provvidenza Madonnina del Grappa.
Fu sindaco per due mandati: 1951-1958 e 1961-1965. Tra le principali realizzazioni si ricordano la ricostruzione dei ponti Alle Grazie, Vespucci e Santa Trinita distrutti dalla guerra, la creazione del quartiere-satellite dell'Isolotto, l'impostazione del quartiere di Sorgane, la costruzione di moltissime case popolari, la riedificazione del teatro comunale, la realizzazione della Centrale del Latte, la ripavimentazione del centro storico. Firenze venne dotata di un numero di scuole tale da ritardare di almeno vent'anni la crisi dell'edilizia scolastica in città. Di fronte al grave problema degli sfrattati, respinta la sua richiesta di graduare gli sfratti da parte dei proprietari, La Pira chiese ad essi di affittare al Comune un certo numero di abitazioni non utilizzate. In mancanza di una disponibilità in tal senso, ordinò la requisizione degli immobili stessi, basandosi su una legge del 1865 che dà la facoltà al Sindaco di requisire alloggi in presenza di gravi motivi sanitari o di ordine pubblico. Davanti al Consiglio comunale tenne un accorato discorso in difesa del suo operato:
« Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia!
Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discriminazioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città -e quindi capo della unica e solidale famiglia cittadina- dalla mia coscienza di cristiano: c'è qui in giuoco la sostanza stessa della grazia e dell 'Evangelo! Se c'è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l'amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita.
Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano in ispecie non c'è! »
Interviene attivamente e con successo a difesa dell'occupazione presso Enrico Mattei a difesa dei posti di lavoro delle officine Pignone, la cui crisi aveva colpito duramente la regione Toscana minacciando di coinvolgere tremila operai. Nel 1972 i lavoratori delle officine Pignone, ispirandosi ai principi di umanità e cristianità di Giorgio La Pira, fondarono il G.I.D.S.(Gruppo Internazionale Donatori di Sangue). In seguito si adoperò per la Galileo e la Cure.
Fu accusato per il suo intervento di statalismo e di comunismo bianco. Tra gli altri critici a difesa della libera iniziativa don Luigi Sturzo che lo ammoniva del rischio di finire in un marxismo spurio se non si atteneva ai principi del non-statalismo e dell'interclassismo. La Pira rispose così
« 10000 disoccupati, 3000 sfrattati, 17000 libretti di povertà. Poi le considerazioni: ..cosa deve fare il sindaco? Può lavarsi le mani dicendo a tutti: "scusate, non posso interessarmi di voi perché non sono statalista ma interclassista?" » (Giorgio La Pira)
Ad iniziare dal 1947 La Pira ispirò la nascita di un movimento cattolico giovanile fiorentino denominato Obiettivo Giovani di San Procolo, dal luogo ove egli si riuniva in preghiera coi volontari. Suo discepolo e braccio destro per tale iniziativa fu il giovane sacerdote fiorentino Danilo Cubattoli, il quale, insieme a Ghita Vogel, Ulisse e Marigù Pelleri e Fioretta Mazzei, dette vita sotto l'egida di La Pira ad una vera e propria associazione che si concentrò sull’assistenza e l’avviamento professionale di giovani provenienti dalle più umili classi cittadine. Nei successivi decenni il sodalizio ha stimolato istituzioni e privati a prevenire e superare situazioni di disadattamento e di emarginazione di molti giovani in difficoltà. Questa creatura originata dalla passione cristiana di Giorgio La Pira e di Danilo Cubattoli poté fregiare Firenze dell'apertura della prima casa famiglia italiana nei primi anni cinquanta.Presidente della società San Vincenzo de' Paoli, di Firenze, ne animò le attività caritative e sociali.
Con La Pira Firenze si gemella con Filadelfia, Kiev, Kyōto, Fez e Reims. Il segretario dell'ONU U Thant e l'architetto Le Corbusier vengono nominati cittadini onorari di Firenze. La Pira cerca di promuovere a Firenze il Comitato internazionale per le ricerche spaziali, una tavola rotonda sul disarmo, iniziative tese a mettere in luce il valore e l'importanza del terzo mondo e degli emergenti stati africani. Fra i protagonisti di queste iniziative c'è Ernesto Balducci. La Pira invita a Firenze il Presidente del Senegal Léopold Senghor. Per primo lancia l'idea dell'Università Europea da istituire a Firenze.

La Pira nel 1952 organizzò il Primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un'attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Nel 1955 i sindaci delle capitali del mondo siglano a Palazzo Vecchio un patto di amicizia. A partire dal 1958 organizza i Colloqui Mediterranei cui partecipano, tra gli altri, rappresentanti arabi ed israeliani. Nel 1959 La Pira, invitato a Mosca, parla (dopo il benestare papale, ma non quello del Ministro degli esteri italiano), al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo.
A Palazzo Vecchio, nel 1958, ricevette la più alta autorità di Pechino. Destò scandalo e ilarità lo spiritoso saluto: Dica al suo Governo che la Repubblica popolare di S.Procolo riconosce la Repubblica Popolare di Cina. È necessario ricordare che all'epoca la Repubblica Italiana riconosceva l'autorità della Repubblica di Cina (Taiwan) come unico governo legittimo cinese.
Nel 1965 si recò in Vietnam e incontra di persona Ho Chi Minh. La bozza di accordo bilaterale a cui lavorano insieme, ma la proposta fu rifiutata l'anno dopo, quando il presidente degli USA Johnson ricevette da La Pira e Fanfani il messaggio di Ho Chi Minh. Alla conclusione della disastrosa esperienza bellica, gli U.S.A. accettarono condizioni decisamente più sfavorevoli di quelle proposte nella sua mediazione, conferma La Pira stesso.

Nel 1967 La Pira viene eletto presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite. Il suo slogan è "Unire le città per unire le nazioni". Dopo la guerra dei sei giorni visita Hebron, Gerusalemme, l'Egitto. Ha lunghi colloqui con il ministro degli esteri di Israele Abba Eban, con il Presidente egiziano Nasser e con i sindaci di Hebron, di Betlemme e i rappresentanti palestinesi di Gerusalemme est nella Cisgiordania occupata. Nel 1968 al Convegno dei Giovani della Federazione dichiara "I giovani sono come le rondini, vanno verso la primavera". Per sei anni si adopera attivando ad ogni livello le istituzioni di tutto il mondo (città, regioni, stati) tramite la Federazione perché si organizzino incontri al vertice in materia di disarmo, pace e sicurezza. Nel 1973 si tengono a Helsinki nell'ambito della Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE) le Helsinki consultations, multilaterali preparatori. Non a caso l'operare politico di La Pira è stato definito con l'espressione l'arte della pace. Fu fortemente orientato alla multilateralità, alla pariteticità e alla compresenza di più livelli di dialogo per rendere giustizia alla complessità dei conflitti.
Giorgio La Pira morì a Firenze il 5 novembre 1977.
« Tutto si può capire di La Pira con la fede, niente si può capire di lui senza la fede »
( Omelia ai funerali di La Pira, cardinale Giovanni Benelli )
Giorgio la Pira si formò spiritualmente nell'Azione Cattolica Italiana. La spiritualità lapiriana è incentrata sulla visione profetica della storia (Mutuata dal profeta Isaia) e del tempo presente in cui continua l'azione di Dio. Partendo dalla attualità della Resurrezione, descritta come "Lievito trasformatore [...] della realtà cosmica e storica", La Pira pone la figura di Cristo, vivente, come riconciliatore dell'uomo con Dio: attraverso l'incarnazione , ogni problema umano è visitato, nobilitato, riscattato, non solo una volta per tutte, ma continuamente nel corso della storia. A Cristo, sostiene La Pira, deve assimilarsi attraverso la grazia, come dice San Paolo, ogni fedele, nella sua vita attiva ed interiore. La Pira considera imperante la dimensione contemplativa nella vita interiore, di cui, considerato il suo impegno prevalentemente pubblico, sente la mancanza. Non ne dimentica invece l'importanza, come attestano le lettere al Carmelo(vedi nelle opere) in cui continuamente chiede che l'impegno politico sia accompagnato dall'impegno spirituale. La profonda azione sociale è, infatti, fondata sul comandamento dell'amore, inteso come la realizzazione del Corpo mistico della Chiesa nella storia dell'umanità.

Nel 1986 sotto Papa Giovanni Paolo II è stata avviata la sua causa di beatificazione. A Firenze alcuni lo indicano come il Sindaco Santo, come lo chiamavano i poveri della Messa di San Procolo. Il 4 aprile 2005 si è chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione. Al termine i documenti sono stati inviati in Vaticano. A fine ottobre 2007, in previsione del trentennale della sua morte, le sue spoglie sono state traslate nella chiesa fiorentina di san Marco

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